lunedì 2 gennaio 2017

Shenzhen: il regno dei falsi “doc”

Cronaca di una giornata qualunque, di un mese qualunque.
Ore 7.00, KCR East Rail, Tsim Sha Tsui Station.
La metropolitana che dal cuore di Hong Kong porta a Lo Wu, al confine con la Cina, è già affollata di primo mattino, ma dietro quelle facce assonnate di cinesi e occidentali non c’è soltanto il consueto pendolarismo tra Hong Kong e Shenzhen, polo produttivo del Guandong, che in pochi anni ha avuto uno sviluppo clamoroso.
Osservando bene, si notano trolley, zaini e un abbigliamento casual poco consono a una giornata in ufficio. Motivo: a Shenzhen si va per acquistare i “falsi”, soprattutto accessori in pelle (borse, portafogli, cinture ecc…), abbigliamento e orologi. Perché questo è il paradiso della contraffazione, della copia in tutto simile al prodotto originale. A due passi dai lussuosi e carissimi shopping mall di Hong Kong.


E’ un business in piena regola.
Scesi dal treno e sbrigate le formalità doganali (per entrare in Cina occorre il visto), dopo aver attraversato un lungo ponte ci si trova di fronte a un anonimo palazzo commerciale di tre piani, che in realtà è il regno del tarocco: Vuitton, Prada, Chanel, Dior, Gucci, Hermes, Rolex, Bulgari….

E una volta entrati è difficile resistere, perchè i commercianti invitano a entrare, guardare, toccare, offrendo una sedia e una tazza di tè. Tuttavia, dopo un giro orientativo ci si rende conto che la contrattazione è d’obbligo e che i prezzi degli shops (alcuni grandi poco più di uno sgabuzzino) sono quasi tutti uguali.
Ma non la merce. Anche se le imitazioni sono perfette. I commercianti stessi mettono sulla buona strada: la serie “B” ha qualche imperfezione (per lo più si tratta di rifiniture, invisibili ai non esperti); la “AA” è perfetta, e non si distingue dall’originale.
Ma c’è di più. Se il prodotto che si vuole non è esposto, si può sceglierlo da un catalogo (copiato dall’originale, of course!) e in pochi minuti lo si vede materializzare da botole collocate sul soffitto o da porte a scomparsa che si aprono magicamente dietro le spalle. Per evitare sorprese, invece, è meglio diffidare di chi invita a visitare la merce in magazzini fuori dal centro commerciale.

Partita la contrattazione, (per gli occidentali il prezzo di partenza è sempre più alto rispetto a quello chiesto ai cinesi), l’importante è arrivare almeno a uno sconto del 30-40% sulla cifra richiesta. I pagamenti sono in contanti. E la merce viene corredata di scatole e numero di serie, anch’essi copiati alla perfezione.
Ma si dice anche che in alcuni casi non ci si trova nemmeno di fronte a imitazioni, bensì a “falsi veri”, ossia prodotti autentici sottratti alla produzione e immessi sul mercato nero. Senza accorgersene la giornata vola e, verso sera, terminati gli acquisti, lo stesso fiume di persone riprende il treno e ritorna, come pendolari qualsiasi, al caos e alla frenesia di Hong Kong, con la soddisfazione di aver conquistato un prezioso e inimitabile (sorry!) bottino doc.

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