Ore 7.00, KCR East Rail, Tsim Sha Tsui Station.
La metropolitana che dal cuore di Hong Kong porta a Lo Wu, al confine con la Cina, è già affollata di primo mattino, ma dietro quelle facce assonnate di cinesi e occidentali non c’è soltanto il consueto pendolarismo tra Hong Kong e Shenzhen, polo produttivo del Guandong, che in pochi anni ha avuto uno sviluppo clamoroso.
Osservando bene, si notano trolley, zaini e un abbigliamento casual poco consono a una giornata in ufficio. Motivo: a Shenzhen si va per acquistare i “falsi”, soprattutto accessori in pelle (borse, portafogli, cinture ecc…), abbigliamento e orologi. Perché questo è il paradiso della contraffazione, della copia in tutto simile al prodotto originale. A due passi dai lussuosi e carissimi shopping mall di Hong Kong.
Scesi dal treno e sbrigate le formalità doganali (per entrare in Cina occorre il visto), dopo aver attraversato un lungo ponte ci si trova di fronte a un anonimo palazzo commerciale di tre piani, che in realtà è il regno del tarocco: Vuitton, Prada, Chanel, Dior, Gucci, Hermes, Rolex, Bulgari….
E una volta entrati è difficile resistere, perchè i commercianti invitano a entrare, guardare, toccare, offrendo una sedia e una tazza di tè. Tuttavia, dopo un giro orientativo ci si rende conto che la contrattazione è d’obbligo e che i prezzi degli shops (alcuni grandi poco più di uno sgabuzzino) sono quasi tutti uguali.
Ma non la merce. Anche se le imitazioni sono perfette. I commercianti stessi mettono sulla buona strada: la serie “B” ha qualche imperfezione (per lo più si tratta di rifiniture, invisibili ai non esperti); la “AA” è perfetta, e non si distingue dall’originale.
Ma c’è di più. Se il prodotto che si vuole non è esposto, si può sceglierlo da un catalogo (copiato dall’originale, of course!) e in pochi minuti lo si vede materializzare da botole collocate sul soffitto o da porte a scomparsa che si aprono magicamente dietro le spalle. Per evitare sorprese, invece, è meglio diffidare di chi invita a visitare la merce in magazzini fuori dal centro commerciale.
Partita la contrattazione, (per gli occidentali il prezzo di partenza è sempre più alto rispetto a quello chiesto ai cinesi), l’importante è arrivare almeno a uno sconto del 30-40% sulla cifra richiesta. I pagamenti sono in contanti. E la merce viene corredata di scatole e numero di serie, anch’essi copiati alla perfezione.
Ma si dice anche che in alcuni casi non ci si trova nemmeno di fronte a imitazioni, bensì a “falsi veri”, ossia prodotti autentici sottratti alla produzione e immessi sul mercato nero. Senza accorgersene la giornata vola e, verso sera, terminati gli acquisti, lo stesso fiume di persone riprende il treno e ritorna, come pendolari qualsiasi, al caos e alla frenesia di Hong Kong, con la soddisfazione di aver conquistato un prezioso e inimitabile (sorry!) bottino doc.
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